Agostino Perrini, Immer Wieder Malerei
Castello Inferiore di Marostica, Galeria H+W Lang, Graz, 1992/1993

Dopo aver esordito con giovanile e vitalistica, ancorché sapiente foga nell’ambito di una espressività nomadicamente esplosiva e sfuggente, Agostino Perrini è venuto maturando una sempre più profonda e consapevole intenzionalità oppositiva nei confronti del depauperamento e dello spreco delle cospicue qualità eidetiche e comunicative della pittura.
L’iniziale propensione monocromatica, per lo più concentrata nella 'spirituale' successione dei blu, è venuta così sostanziandosi in una sempre più coinvolgente e pervasiva esplorazione della densità e della consistenza della segreta, ma non impenetrabile 'profondità' del colore che, senza mai decadere o mera materialità, è venuto coricandosi di inediti magnetismi, di raccolte ma efficienti energie.
È in relazione a tale interiore dinamismo che la superficie pittorica è venuta reagendo, piegandosi, inarcandosi, flettendosi per trasformarsi in uno spazio profondo, complesso e articolato, tale da ribadire ogni possibilità di 'resistenza' della pittura, sia nei confronti del marasma, sempre aperto ad ogni manipolazione, dell’nformazione indifferenziata, che del dialogare dell’insignificanza prodotta dall’illimitata e immotivata moltiplicazione degli stimoli visivi.
D’altronde che, nonostante lo loro evidente empirica tridimensionalità, le opere di Perrini non intendono in alcun modo collocarsi al di fuori dell’orizzonte della pittura pare altresì dimostrato dalla sobria e controllata, ma persistente e inarrestabile espansione, al loro interno, di molteplici virtualità visive ed ideali che, nella continua crescita dei nessi e delle relazioni, sembrano alludere a sempre nuovi celesti e fatali itinerari poetici.

Dino Marangon