08.09
Rassegna di arte contemporanea, CID Torviscosa, 12/2008 - 01/2009

La rassegna 08.09 ha, secondo me, una chiusura ideale: salire su una scala e raggiungere il soppalco che si affaccia sul salone principale del Museo CID. Di lassù, nello spaziare dello sguardo dal grande plastico di Torviscosa allo scorcio di città vera, fuori dalle vetrate, si è indotti – un po' come sulla Torre – ad assumere un grado di distanza dal dettaglio concreto, a osservare secondo un modo percettivo più disponibile all’astrazione.
È proprio in questo ambiente che Agostino Perrini espone una ristretta selezione di suoi dipinti degli ultimi due anni, nei quali prosegue la sua esplorazione di microcosmi esistenziali e psichici – che già si erano configurati nei termini dell’Hortus conclusus in una precedente serie di lavori – tracciando sulla tela le coordinate non propriamente cartografiche di quelle che l’autore definisce Mappae Mundi: tavolati grigi improvvisamente squarciati da una fenditura e dalla sua possibile proiezione futura; linee che paiono marcare confini di silenzio fra spazi egualmente vuoti, forse non più ampi di una stanza; vastità azzurre – pareti come colline - che s’inflettono all’improvviso in una forra blu...
Nei quadri, costruiti con estrema essenzialità di forme e di mezzi, alternando stesure di pigmento a campiture lavorate con la cenere, contemplando l’inserimento sia di elementi vegetali che di logori brandelli di tessuto, importanza non secondaria assume la parola: vergata in modo da ribadire i tratti di volta in volta divaganti, straziati o contemplativi del quadro, essa esprime nel titolo la rotta poetica seguita: Dove cresce la terra; Misurare lontananze; Recinto di ombre; Vuoti di confine; Mappa di presenze disperse...
Le mappe di Agostino più che documento di memorie dei luoghi sembrano essere testimoni di una maniera di attraversarli, di una filosofia del vivere: sottovoce, ma con un senso di sospensione che non coinvolge il giudizio, che non esclude l’indignazione, con lo sguardo serenamente rivolto al nostro destino – Mappa per vedermi già ombra -, ma anche ai Passaggi silenziosi di chi ci ha preceduto, a quei transiti appena percettibili ed alle loro permanenze affettive:

"Mi preme vederlo, toccarlo, respirare a lungo e lentamente
la sua vita che se ne va piangendo, gli occhi che tacciono,
come un’ampollina di nuvole di cenere
la sua voce come un sospiro di luce sul mare." 1

Fulvio Dell’Agnese, 2008

(1) Franco Loi, Aria de la memoria, Torino, Einaudi, 2005, p. 6: Me prèm vedèl, tucàl, respirà linda/ la vita che piang via, j ögg che tâs, / come amulìn de nìula de scendra / la vûs cum’un suspir de lüs sül mar.